Il gioco d’azzardo patologico, in Italia e nei paesi industrializzati, è un fenomeno che ha assunto dimensioni considerevoli grazie ad una forte spinta commerciale, sempre più incisiva sulla rete e nei media. Nel 2011 il fatturato dell’industria dei giochi è stato di 79,9 miliardi dai quali lo Stato ha guadagnato 8,8 miliardi. L’universo dei giocatori nel nostro Paese è di circa 30 milioni di persone, di cui almeno due milioni a rischio dipendenza. A tutt’oggi si calcolano in circa 800.000 i giocatori patologici, il doppio dei tossicodipendenti stimati in circa 393.000. Dal 2000 al 2009 gli studenti che riferiscono di investire in giochi in cui si vincono o perdono soldi sono passati dal 39 per cento al 50 per cento. Se il gioco non problematico è fonte di piacere legittimo, in alcuni gruppi di soggetti ad alta vulnerabilità, può sfociare in una vera e propria dipendenza psicologica e comportamentale. Questa condizione è ormai riconosciuta dall’OMS come una forma morbosa chiaramente identificabile che, in assenza di misure idonee di informazione e prevenzione, può rappresentare un’autentica malattia sociale. Se l’eziologia non è ancora ben chiara, i segni clinici sono piuttosto evidenti. Si caratterizza per la presenza di un forte desiderio di giocare d’azzardo e impossibilità di resistervi (craving), insorgenza di sentimenti di inquietudine quando si è impossibilitati a giocare (astinenza), necessità di giocare con maggiore frequenza per riprodurre la medesima gratificazione (tolleranza). Si comprende pertanto l’elevata esposizione a rischio finanziario personale e familiare, con ripercussioni nella vita sociale e lavorativa, fino ad arrivare nei casi limite a gravi indebitamenti con richieste di prestiti usuranti.
L’iter del giocatore patologico può essere sintetizzato in tre stadi.
I° stadio: il gioco ha una funzione ricreativa, di socializzazione, informale, le somme investite occasionalmente, contenute.
II° stadio: segue un gioco più sistematico (fase problematica), con un dilatazione costante dei tempi trascorsi a giocare ed un aumento conseguente delle somme impiegate. In questa fase, il giocatore può essere consapevole di quanto accade, ma non rinuncia al gioco.
III° stadio: l’attività ludica, in assenza di diagnosi precoce e trattamento, diventa sempre più intensa e quotidiana, il desiderio incontrollabile con conseguente aumento di spese e indebitamento.
I dati clinici indicano che questo disturbo tende a manifestarsi maggiormente nelle persone con carattere impulsivo, con particolare attenzione alla ricompensa potenziale, con tendenza a rispondere impetuosamente senza tener conto delle conseguenze negative.
Ma quali sono i segni “sentinella” che evolvono verso una dipendenza? Nel gioco problematico è presente una intensificazione degli accessi al gioco, pensieri ricorrenti per tale attività e fantasie di supervincite. Nel gioco patologico compaiono le menzogne, il depauperamento delle risorse finanziarie, cambio d’umore, irritabilità e aggressività, furti domestici, indebitamento, fino al cambio di alcune abitudini personali (es. saltare i pasti, assenza di puntualità, ecc). La richiesta di aiuto da parte del paziente è il primo importante passo per poter iniziare un percorso di cura. Ciò perché la motivazione al cambiamento, nei giocatori patologici, risente poco dei fattori deterrenti esterni come la conflittualità con i familiari o problematiche legate all’indebitamento.
Il trattamento di cura e riabilitazione comprende un approccio integrato di psicoterapia e farmacoterapia. La psicoterapia Cognitivo-Comportamentale in particolare, focalizza la propria azione sui pensieri e credenze distorte del paziente poiché rappresentano la base su cui il soggetto struttura i comportamenti patologici (es. percezione di poter influenzare o controllare il risultato, interpretazioni erronee di segnali e sensazioni come “vincita imminente”, superstizione, credere che una serie di perdite predicono la fortuna). Le tecniche utilizzate prevedono interventi di tipo educativo, ristrutturazione cognitiva, aumento della consapevolezza sugli errori cognitivi, messa in discussione dei pensieri e delle credenze irrazionali(Toneatto 2002). Il trattamento inoltre sarà di tipo ambulatoriale, individuale o di gruppo, fino a programmi residenziali nei casi più gravi ove siano presenti comorbilità psichiatriche o dipendenze da sostanze.
Poiché le campagne sul gioco responsabile non si sono dimostrate efficaci in termini di prevenzione, è auspicabile, dopo aver ridotto la capillarità sul territorio delle macchine da gioco, la realizzazione di campagne di sensibilizzazione per fornire ai cittadini le informazioni necessarie su questo fenomeno, sui pericoli insiti in tale attività, sulle reali possibilità di vincita e su quale aiuto professionale contare per superare la malattia.
BIBLIOGRAFIA
– Toneatto T. Cognitive therapy for problem gambling. Cognitive and Behavioral Practice 9:191-199. 2002
– Ladouceur R, et al. Cognitive treatment of pathological gambling. J Nerv Ment Dis. 2001 Nov; 189 (11):774-80
– Serpelloni G..Gambling. Gioco d’azzardo problematico e patologico. Manuale per i Dipartimenti delle Dipendenze, 2012.